16 Novembre 2018

Timbri contro Tari

Seduto in quel caffè, quello della canzone voglio dire, il caffè che sta in fondo alla via Emilia, mi giro tra le mani la mia bella busta con il sollecito della Tari.
Vicino a me, un tipo mi guarda e ammicca. “Cartella impazzita eh?” Dice, e mi spiega che siamo in tanti, tutta Modena probabilmente.
“È il problema di pagare le tasse”, spiega. “È che poi ti beccano.”
Lui, invece, ha intestato la casa alla mamma ultranovantenne che a sua volta ha dichiarato di usufruirne per uso foresteria. Solo sotto le vacanze di Natale. Semplice semplice: non paghi la tassa e nessuno ti cerca.
Il messaggio è chiaro e non si può equivocare: non sai vivere amico mio, non sai vivere per niente.
Immagino che sia vero, ma me ne faccio una ragione: non so vivere, pago tutte le tasse e pago pure il caffè. Ringrazio lo sconosciuto per il preziosissimo consiglio e me ne vado verso l’ufficio Tari con la cartella impazzita. Perché, in realtà, noi che più di tanto non sappiam fare, l’abbiamo pagata in tempo, la tassa sui rifiuti. Solo che il Grande Computer Centrale avrà pensato che tutta questa gente che paga le tasse non sembra mica normale. Fammi andare a controllare, avrà pensato. E ci ha mandato la cartella pazza.
E quindi arrivo in via Santi, ufficio Tari, salgo le scale, prendo il numero, mi preparo per la fila… ma la fila non c’è.
La cosa mi insospettisce, ma non ho tempo di riflettere perché subito dopo una signora, da dentro un ufficio spazioso e luminoso, mi fa cenno di entrare. Entro.
La signora inforca gli occhiali da presbite, legge con attenzione e poi fa la cosa che, giuro, mi mette a nuovo la giornata. Prende un timbro, un timbro rotondo a inchiostro blu, e dà due colpi: uno sul tampone e uno sul mio foglio di carta. Poi, certo, scrive al computer, fa un sacco di altre cose, ma soprattutto mette un timbro.
Esco dall’ufficio Tari e mi sembra di avere in tasca un pezzo in più di mondo. Certo, è così, mi dico: finché ci sarà la signora con il timbro blu, non avrò nulla da temere dal Grande Computer Centrale. Kafka, hai capito come vanno le cose, oggi?