23 Novembre 2018

Mi raccomando: a scuola niente politica.

Seduto in quel caffè, quello della canzone voglio dire, il caffè che sta in fondo alla via Emilia, sfoglio un paio di quaderni di quinta elementare. Sì, perché se sei un maestro, un maestro di scuola, prima o poi ti capita di andare in giro con un mucchietto di quaderni a righe. Se puoi te lo eviti: farti spedire i compiti via Internet è più comodo e- vabbè, chiaro- anche un po’ da fighetti. Però, vuoi mettere il gusto di sfogliare dei quaderni? Fa proprio scuola leggere un corsivo, buono o stentato che sia, su un quaderno formato A4.
Se, poi, sei un maestro di quinta, intorno a te ruotano temi da grandi, come la Cittadinanza, la Storia, l’Ecologia. Hai l’impressione, a leggere un lavoro di quinta, di stare dentro una macchina del tempo: non fai che immaginare come andranno le cose tra trent’anni. E ogni volta che torni indietro, ogni volta che pianti di nuovo i piedi per terra, ti viene da star tranquillo. Le cose si sistemeranno, ti dici, almeno qui a Modena.
Domani, per esempio, qualche centinaio di bambini nati in Italia da genitori stranieri riceveranno dal Sindaco la cittadinanza onoraria. Proprio così. Il buon Muzza consegnerà un foglio di carta pergamena con su scritto qualcosa del tipo: “Vale solo per noi, certo, ma qui tu sei modenese come un Borghi o un Ferrari”. I miei alunni ci saranno, l’ho letto sul loro quaderno a righe. Sia i bambini tecnicamente stranieri, sia i loro compagni di classe che li accompagneranno. Tutti insieme, per un “hip-hip urrà”!
Non è proprio un’idea nuova, la cittadinanza onoraria è da un po’ che c’è, ma questa volta è diverso. Questo è l’anno in cui si è sparato sugli immigrati: Vicenza, Caserta, Macerata…
Ed è pure l’anno (scolastico) in cui cadono le elezioni e forse qualcuno avrà calcolato quanti voti farà perdere, questa storia della cittadinanza onoraria. I tempi sono questi. Ed è pure l’anno in cui il Ministro ha detto che a scuola non si deve far politica. Ed è pure l’anno in cui secondo il Ministro avrei dovuto fermare i miei alunni, impedire il loro “hip-hip urrà”. Chiudo i quaderni, tolgo gli occhiali e mi dico: “Ma stiamo scherzando?”